Versace by Minnie Gastel

Versace by Minnie Gastel

autore:Minnie Gastel [Gastel, Minnie]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Biography & Autobiography, General
ISBN: 9788868651534
Google: BQ9xBgAAQBAJ
Amazon: B010VP3NZC
editore: Baldini+Castoldi
pubblicato: 2013-10-22T22:00:00+00:00


PARIGI, NEW YORK

Il 1990 inizia “à bout de souffle” per Gianni Versace. Lo stilista si è appena lasciato alle spalle il battesimo di Versus, la linea dedicata ai giovani disegnata, fin da ora, dalla sorella Donatella, e festeggiata a fine ’89 al Superstudio di Milano al suono di un rock martellante, tra fiumi di champagne e stuoli di modelle che passeggiavano tra gli invitati. E ha già pronta un’altra delle sue piccole rivoluzioni. A metà gennaio, nella tre giorni milanese dedicata alla moda maschile, fa sfilare il suo uomo senza cravatta. Testimonial d’eccezione è Eric Clapton, che la sera stessa inaugurerà il suo tour mondiale «indossando una mise che sintetizza la nuova filosofia estetica dello stilista milanese, un blazer nero, morbido quanto un maglione e pantaloni neri, senza un’ombra di piega», come scrive Laura Asnaghi su Repubblica. Saranno firmate da Versace anche le chitarre della rockstar e la bretella di sostegno, decorata da un disegno futurista e ricoperta di perline colorate e luccicanti. Per l’autunno-inverno ’90-91, Versace manda in passerella anche capi molto meno classici, maglioni indossati a pelle, pantaloni di pelle affusolati, camicie aperte sul torace, tanto nero e tanto colore. «Versace è il Barnum della moda italiana», scrive di lui John Fairchild, il potentissimo editore americano del Women’s Wear Daily. Ma Versace sorride di questa definizione: «Sono felice di essere stato paragonato a Barnum, con la noia che c’è in giro è giusto che qualcuno rompa gli schemi». E lui li rompe, eccome. Proclamando che «la cravatta non è più simbolo di perbenismo, perché se la mettono anche i banditi». Il giorno dopo, i titoli dei quotidiani sono tutti per lui, che ha sempre saputo come far colpo sui media. Si attira anche gli strali dei produttori di cravatte, che pubblicano un annuncio a tutta pagina sui quotidiani in cui chiedono scusa alle persone perbene per le affermazioni dello stilista. Versace mette in campo gli avvocati e la querelle va avanti per un po’. Alla fine il giurì di autodisciplina pubblicitaria emetterà una sentenza in cui conclude che la decisione di Versace di abbandonare l’utilizzo della cravatta nelle sue prossime collezioni moda uomo deve essere vista, più che come un atto volto a denigrare la cravatta e chi la produce, come una semplice battuta paradossale. È ovvio che quella di Versace è una battutaccia che racchiude un’intuizione: negli anni a venire, il completo ingessato borghese, ispirato alla tradizione sartoriale inglese, perderà sempre più il suo appeal. Prenderà piede, anche in ufficio, un modo di vestire più informale, che culminerà nel “friday wear”, cioè l’uso dei manager di vestire senza giacca e cravatta il venerdì, per essere pronti a partire per il weekend. Su questo tema, Versace pubblicherà un libro, intitolato appunto L’uomo senza cravatta, dove l’intuizione di costume si accompagna a una visione ben precisa del corpo maschile da lui preferito, con le spalle larghe, la vita stretta e le gambe muscolose. Scrive in proposito Richard Martin nel libro: «Nella silhouette preferita da Versace, la cravatta è superflua,



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